CONDIVIDI:
31 Maggio 2019

Ballottaggi: tre consigli semplici semplici

di Dino Amenduni

Forse siamo in ritardo per questa tornata di amministrative, ma siccome è una domanda che ci viene rivolta spesso, condividiamo la nostra risposta standard.

1. Non avere la smania di dire di tutto

I ballottaggi sono sfide in cui il quadro politico si semplifica, il tempo è poco, una buona parte del percorso elettorale è già stato svolto. È dunque fondamentale rassicurare i propri elettori del primo turno, dando loro buone ragioni per tornare a votare, e mettere in evidenza perché si è meglio dei propri avversari. E spesso sono le diversità, più che i punti in comune, a favorire questa comparazione. Per questo è consigliabile concentrare la propria azione di comunicazione su due, al massimo tre proposte fortemente qualificanti, e di spingere solo su quelle. Fare nuove promesse elettorali dopo il primo turno è assai problematico, perché più ci si avvicina alle elezioni più una promessa suonerà, per l’appunto, solo come una promessa. Questa regola “aurea” ha solo un’eccezione: l’azione suggerita dev’essere molto specifica e la sua attuazione dev’essere semplice e sostenibile sia politicamente sia economicamente. Una buona pratica che ci è capitato di gestire in questo senso riguarda la campagna per le Amministrative a Bologna nel 2016 laddove il sindaco Merola, dopo un risultato inferiore alle aspettative al primo turno e dopo un forte arretramento in alcuni quartiere storicamente “rossi”, annunciò l’innalzamento della soglia di esenzione IRPEF da 12000 a 15000 euro: la misura riguardava circa 20000 elettori.

2. Esaltare l’identità, l’unicità, la diversità del candidato (più che della coalizione che lo sostiene)

Come detto in precedenza: il ballottaggio è una sfida tra differenze, e quindi vanno esaltati gli elementi politici, personali, persino caratteriali che distinguono i due candidati che giungono al ballottaggio. Il secondo turno diventa una sfida tra due persone piuttosto che tra due coalizioni.

3. Nessun tatticismo sui confronti pubblici

A prescindere dal piazzamento ottenuto al primo turno, e dall’ampiezza del margine di vantaggio rispetto all’avversario (il ballottaggio è una campagna nella campagna in cui in molti casi si ricomincia da zero: lo dimostrano i tanti ribaltoni registrati nella storia) è opportuno cercare almeno un confronto pubblico se ci si sente più bravi dal punto di vista retorico, più preparati dal punto di vista del programma o se si ha le certezza di poter far cadere l’avversario in qualche contraddizione sulle sue scelte fatte in passato o su alcune caratteristiche della coalizione che lo sostiene. Chi è indietro, ovviamente, ha ancora più ragioni per cercare un confronto pubblico, anche se si parte da una posizione di svantaggio nella capacità retorica o nella profondità programmatica. Durante un dibattito può sempre succedere di tutto, che è il motivo per cui spesso chi è avanti sfugge ai confronti: una scelta poco democratica, ma comprensibile in chiave elettorale.

CONDIVIDI: